Il saper fare siciliano
di Ignazio Maiorana
Ce lo ritroviamo ovunque e ovunque ci fa fare bella figura. Il marmo in chiesa, al cimitero, nei monumenti e nei pavimenti, in bagno come in cucina. È antico e moderno, anche eterno. È freddo e anemico o cromato e accogliente.
Ma quanto lavoro dietro questa materia dura, alla quale lo scultore dà eleganza e perfezione nella forma, nell’arte di raccontare l’uomo e la sua storia!
È sempre Madre Terra a offrircelo il duro “pane” di marmo che tiene nelle sue viscere. Lei lo dona a blocchi massicci da trasformare in delicate lastre. Dopo la Natura è il cavatore il protagonista del marmo.
Ci ha incuriosito questa figura e siamo andati a cercarla a Custonaci: Angelo Mangiapane è stato uno dei primi cavatori del posto.
Oggi ha 79 anni e ha vissuto tutti i cambiamenti del settore. Ieri le sue mani, oggi le sue macchine e la sua intelligenza imprenditoriale.
Ho conosciuto l’attività delle cave dopo aver terminato la scuola elementare
– racconta l’imprenditore –.
Allora era un lavoro di braccia con l’ausilio di attrezzi semplici. Si poteva ben dire di recarsi la mattina ai lavori forzati per un pezzo di pane. I blocchi venivano staccati mediante l’applicazione di grossi cunei in ferro, allineati in riga e conficcati in superficie. Venivano contemporaneamente colpiti da 4-5 operai con pesanti mazze da 10 kg ciascuna fino a spaccare la roccia di marmo anche con l’aiuto dei “bindi”, pesanti attrezzi a manovella, applicati a mo’ di leva al blocco da staccare.
Poi arrivò il martello pneumatico a facilitare un po’ il lavoro. Mestiere difficile quello del cavatore, ancor più senza la conoscenza del materiale da cavare che veniva portato alla luce dopo aver liberato la montagna dalla sua crosta. Lavorai da operaio fino all’età di 15 anni
Quando adocchiai un pezzo di montagna ove poter realizzare la mia cava e concordai col proprietario l’utilizzazione di quell’area. Erano tempi difficili che mi indussero, all’età di 17 anni, a sospendere l’attività per lavorare in Francia a fare il fabbro in un’acciaieria dove pensavo di guadagnare di più. Ma, scaduto il contratto di operaio, ritornai a Custonaci e ripresi a fare il cavatore dove avevo sospeso temporaneamente l’attività imprenditoriale. Mi è rimasta la conoscenza del francese. In quella lingua riesco a farmi capire ancora.
Quale tecnologia rende più leggero il lavoro dei cavatori?
Si cominciò a tagliare la roccia col filo elicoidale lungo centinaia di metri, che veniva fatto scorrere azionato da un motore. Lungo la sua traccia venivano versate sabbia e acqua per un migliore attrito. Di recente, con l’avvento del filo diamantato, ancora più resistente di quello elicoidale, si estraggono i blocchi di roccia molto più velocemente.
Oggi la nostra cava è dotata di una segatrice a catena con una lama dal costo di 200 mila euro che taglia in profondità per 7,5 metri. Successivamente i blocchi vengono trasportati nelle segherie, dove vengono squadrati e tagliati in lastre che, infine, vengono lucidate e consegnate al committente.
Sì, oggi abbiamo pale meccaniche che sollevano fino a 400 ql. Un tempo si faceva ricorso a rotelle in ferro e altri sistemi per fare scorrere blocchi più leggeri».
E così, via via, l’azienda Mangiapane è diventata l’azienda familiare CUS.MAR (Custonaci Marmi) che vede la collaborazione amministrativa e manageriale delle figlie di Angelo, Cristina e Rosaria. La società è oggi leader tra le altre imprese del settore.
Ma c’è mai stato un momento di pentimento o di particolare difficoltà?
Non mi sono mai pentito di lavorare il marmo, anche se il settore dell’edilizia in questi ultimi anni non attraversa un buon periodo. Nemmeno durante la guerra mondiale si è vista una crisi economica così pesante. Tuttavia, l’azienda non è mai stata in ginocchio, rimane in attivo avvalendosi del personale necessario.
Provo quotidianamente gioia, faccio con amore questo lavoro, non ho mai avuto un hobby, questa è la mia passione. Di buon mattino sono sempre qui a fare un giro nella cava di contrada Bellazita, estesa 4 ettari. Mi nuovo da qui soltanto quando sono in giro per il mondo a scegliere dell’altro marmo da commercializzare. Non ho voglia di riposarmi. Ci sarà tempo per farlo alla fine della mia esistenza.
Le è mai capitato di ritrovare segni di fossili nei blocchi di marmo?
Sì, è capitato di tutto, conchiglie e persino alberi fossilizzati nel marmo indiano, come se leggessi delle pagine di vita precedente in ogni lastra levigata.
Un uomo ha sempre dei sogni nel cassetto, se smette di sognare è finito. Per esempio, se avessi meno anni, aumenterei la produzione per far scendere il prezzo ed essere più concorrenziale sul mercato. I vigni si chiantanu quannu la racina va mircata (il vigneto s’impianta quando l’uva è richiesta sul mercato). Proprio in un periodo di crisi io investirei ancora. Non è detto che non lo faccia! Dipenderà anche dai miei figli… Mai dire mai.
Al momento abbiamo una scorta di 10.000 tonnellate di blocchi di pregevole marmo di Custonaci che ci permetteranno di lavorare per un buon numero di anni. Si tratta di Perlato e Perlatino marmi locali molto resistenti alle intemperie, di prima qualità, il miglior marmo che abbiamo.
Poi lavoriamo il Travertino siciliano Rosso tramonto, il Travertino romano. Metà della materia prima da tagliare viene da noi importata in blocchi dall’estero (Marocco, Grecia, Portogallo, India, Francia, Iran, Egitto, ecc.) e all’estero sono i nostri sbocchi principali di mercato, considerato che in Italia è tutto fermo. Spediamo le lastre di marmo in containers grazie ad agenzie specializzate.
Per Angelo Mangiapane qualunque pane può risultare duro se non si sa renderlo morbido. Nei suoi occhi di ottantenne leggiamo comunque la serenità anche se il sovrastante monte Cofano a Custonaci lacrima massi da secoli fino al mare.
Nel quadro della sua azione itinerante volta a raccontare il saper fare siciliano, il direttore e fondatore del Quindicinale l’Obiettivo Ignazio Maiorana è giunto anche a Custonaci per realizzare un servizio sulla CUS.MAR.
Il Quindicinale l’Obiettivo è nato nel 1982. È un periodico indipendente da realtà partitiche e imprenditoriali, oggi di proprietà dell’Associazione “Obiettivo Sicilia”. È una voce fuori dal coro che viene spedita per e-mail a 20.000 persone in Sicilia e anche oltre Stretto.
La sua linea editoriale è contenuta nel triplice significato del nome stesso della Testata:
Il Periodico vive esclusivamente con l’abbonamento dei lettori. È una palestra di puro volontariato della comunicazione e dell’informazione che promuove la creatività e la libertà individuale e collettiva. È uno strumento proteso a collegare il comune sentire – o il dissentire – attraverso la parola incisiva e diretta. È attento alle contraddizioni della società e incoraggia la qualità dei talenti umani, tenendo d’occhio il rispetto e la dignità delle persone, valorizzandone la
capacità produttiva e comunicativa.
Questo atipico Quindicinale può vantare di essere uno dei rarissimi organi di informazione in Italia che vivono senza il sostegno della pubblicità e senza finanziamenti pubblici o patrocinatori politici; una dura scommessa, in Sicilia, dove non sempre viene gradita la libertà di opinione.
Le pagine de l’Obiettivo sanno però scoprire e proporre anche il saper fare siciliano, il percorso di persone che hanno raggiunto il successo con la loro creatività, con grandi sacrifici e dopo aver superato grossi ostacoli, sanno porre in vetrina quella Sicilia autentica frutto di ingegno e lavoro che non può non essere mostrata alle nuove generazioni come esempio da seguire, come riscatto di una terra meravigliosa e piena di energie al centro del Mediterraneo, che possiede il mondo racchiuso in un’Isola.
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